La lezione di La Malfa

Investire nei Paesi più poveri

di Oliviero Widmer Valbonesi - Vicesegretario nazionale Pri

Nel 1968 Ugo La Malfa denunciava, citando il poeta Senghor, il rischio che se si ampliava il divario tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati i popoli dei paesi più poveri sarebbero, fatalmente, stati attratti verso i paesi più ricchi semplicemente per spirito di sopravvivenza ed invitava ad investire nei paesi più poveri per evitare il rischio di immigrazioni bibliche verso l'Europa. L'Europa attuale non c'era ancora, ma quella previsione era fondata e purtroppo si è avverata. Oggi affrontiamo il fenomeno di un vero e proprio esodo biblico senza che l'ONU intervenga per garantire il diritto ad essere identificati nei paesi confinanti, anzi lascia che bande di violenti fanatici che violano le regole della convivenza pacifica dominino col terrore intere popolazioni costrette ad espatriare e le lasciano gestire a bande di malaffare che lucrano su queste condizioni mandando al macello migliaia di persone disperate ed inermi. A che serve l'ONU se non è in grado di garantire un presidio internazionale in cui trovino asilo i profughi per essere identificati e vedersi riconosciuta la loro condizione e da lì raggiungere la destinazione in cui vogliono arrivare? A cosa serve la cooperazione internazionale se anziché portare sviluppo nelle zone povere è un 'occasione per piccole e frammentate politiche di tamponamento di emergenze? A cosa serve l'Europa se anziché essere un punto di riferimento di civiltà e di sviluppo tutela solo gli interessi delle banche e del paese più forte con una politica antinflazione che non esiste e con una rigidità austera che impedisce di uscire da politiche di emergenza e di povertà dei paesi comunitari ed extra comunitari, creando uno spirito antieuropeo e nazionalista. Manca la politica e manca lo spirito originario dell'Europa un' entità che esiste solo sulla carta, ma che non essendo un'entità istituzionale e governata dalla politica, arranca dietro le emergenze senza una strategia che non sia quella imposta dalla Germania che rimane uno stato nazionalista con mire di potenza. Sopratutto dopo che le politiche di solidarietà degli altri stati gli hanno consentito di superare oltre i limiti degli accordi internazionali di risolvere prima la ripresa dopo la seconda guerra mondiale, poi la rinuncia a metà dei danni di guerra pur violando la causa che la Germania non si sarebbe riunificata, cosa avvenuta prima della scadenza dei termini dei pagamenti , di cui Khol se ne fregò e su cui Italia e Grecia chiusero un occhio. Quando gli fu consentito di vendere tutte le risorse auree mentre il regolamento comunitario non lo consentiva, quando hanno sforato il fatidico 3% o quando ancora oggi sforano il tetto del 6% nel divario tra esportazioni e importazioni e non mettono in atto politiche compensative verso lo sviluppo dei paesi terzi. Quando pretendono la rigida applicazione sulla Bolkestein per garantire la libera concorrenza e poi impongono politiche di salvataggio delle banche da parte degli stati. Quando incentivano gli investimenti greci in occasione delle olimpiadi con le loro banche a tassi ridicoli e poi redistribuiscono le perdite a tutti. Manca la politica, certo, ma manca anche la volontà di un governo come quello italiano, che non è eletto dal popolo, di porre con decisione il problema della permanenza in Europa se le cose non cambiano. Un governo che se avesse autorevolezza ed autonomia non piagnucolerebbe perché i francesi impongono controlli alle loro frontiere ai cittadini extracomunitari, perché gli accordi di Schenghen, che qualche stupidotto dice che vengono violati, prevedono la libera circolazione dei cittadini comunitari non altro. Se ci mettessimo in condizione di stabilire in due mesi se un cittadino è nella condizione di profugo e quindi di rifugiato politico, potremmo rispedire gli altri nei paesi d'origine, come fanno gli altri paesi e le politiche di gestione del fenomeno sarebbero di emergenza e non condizioni permanenti. Non si può accogliere tutti per rispondere ad un appello del Papa e poi vivere politiche caritatevoli e assistenziali anche delinquenziali, creando serie politiche di convivenza con i milioni di disoccupati che vivono condizioni di fame senza essere assistiti o con i benestanti che vivono questi fenomeni con fastidio e con intolleranza se non con qualche punta di razzismo. Renzi e Alfano sono incapaci di garantire autorevolezza politica e capacità gestionale del fenomeno. È una squallida immagine di un paese alla deriva, nel mezzo dell'EXPO vedere nelle stazioni di Milano e Roma bivaccare centinaia di extracomunitari senza status che vengono tollerati chiudendo gli occhi sperando di eludere la convenzione di Dublino. Quando non si ha il coraggio di porre la questione nella giusta chiarezza si è talmente poco credibili ed ascoltati che veniamo sistematicamente bypassati nei vertici sulla Grecia e sull'Ucraina lasciando che la Germania tratti in nome di tutti pur sapendo che tratta per se stessa. Allora occorre fare due cose per ridare credibilità all'Italia: la prima è votare subito per fare in modo che chi governa abbia piena legittimità nazionale ed internazionale e la seconda fare un referendum per chiedere agli italiani se vogliono restare in un’Europa solo monetaria. Nell’uno e nell'altro caso dimostreremo di avere un vero piano B non quello di Renzi che sostanzialmente dice; se non prendete le quote ci bastonate e noi allora decidiamo di prenderle cristianamente porgendo l'altra guancia.

Roma, 16 giugno 2015